On vit dans un monde
La settimana dal mondo, un riassunto di quello che è successo a Gaza e la visita di Biden, l'intervallo di oggi
Oggi è domenica 22 ottobre e questa è Occhiaie, la newsletter di Generazione edita da Benedetta Di Placido e Nicoletta Ionta.
Ciao,
questa è sempre Occhiaie. Ci rendiamo conto che ci siano settimane più divertenti di altre. E ci rendiamo pure conto che a volte il tragico e il comico si sovrappongono creando una dissonanza difficile da raccontare, che fa sentire pure un po’ in colpa.
Si può ridere per la disgraziata storia della Meloni e il suo compagno, per le tempistiche della loro separazione, per la faccenda dei calciatori che scommettono (e il conseguente panico dei membri maschili di questa società - con qualche eccezione anche femminili - per le sorti del loro fantacalcio) e intanto raccontare seriamente gli sviluppi dell’assedio di Gaza?
Non lo sappiamo ma ci proviamo. E lo spirito è esattamente questo
La settimana dal mondo
Lunedì 16 un uomo armato di Kalashnikov ha ucciso due persone a Bruxelles, nel centro della città. Le vittime sono due cittadini svedesi che camminavano nei pressi dello stadio per assistere alla partita di calcio Belgio-Svezia, qualificante per gli europei del 2024. L’assassino, Abdelsalam Lassoued, di 45 anni, è stato ucciso diverse ore dopo l’attentato. Dalle indagini svolte fino ad oggi sembrerebbe che Lassoued sia arrivato in Europa sbarcando a Lampedusa nel 2011. Nel 2016 è stato identificato dalla DIGOS come «radicalizzato»: ha infatti rivendicato la sua appartenenza alla jihad, dichiarando di essere un soldato dell’ISIS in alcuni post e video pubblicati sui suoi canali social.
Sempre lunedì, ci siamo svegliati con la notizia della morte di un bambino di 6 anni d’origine palestinese, accoltellato da un uomo a Steinfield, negli Stati Uniti. L’uomo ha anche ferito la madre, di 32 anni. Secondo la polizia americana, dopo gli attacchi di Hamas in Israele, potrebbero essere più frequenti atti di violenza mossi da ragioni di discriminazione razziale o su base religiosa. Associated Press ha riassunto qui i fatti.
Martedì 17 nelle principali città europee è iniziato un po’ di caos. Due persone sono state arrestate a Milano nell’ambito di un’operazione antiterrorismo della polizia. Secondo il procuratore Viola i due erano «estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitali per conto dell’Isis». Lo stesso giorno è stato evacuato il palazzo di Versailles per ragioni di sicurezza, trattandosi del secondo allarme di questo tipo in tre giorni. In entrambi i casi si trattava di allarmi bomba.
Sempre martedì, la Corte Suprema indiana non ha legalizzato i matrimoni gay, passando la palla al Parlamento, notificandogli che di queste cose non devono occuparsene loro: «Questa corte non può fare la legge. Può solo interpretarla e darle attuazione». Negli ultimi mesi avevano ricevuto ed esaminato 21 petizioni che facevano ricorso alla normativa vigente in materia, per far ottenere maggiori tutele alla comunità LGBTQ+.
Giovedì 19, L’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per come ha gestito la discarica Lo Uttaro a Caserta. La sentenza non è ancora definitiva, perché le parti possono domandare un ulteriore parere, tuttavia la Corte ha indicato che la discarica ha prodotto un rischio per la salute dei residenti, esponendoli a malattie e non garantendo la sicurezza dello stabilimento, anche ora che è dismesso.
Venerdì 20, MTV ha comunicato di aver cancellato gli Europe Music Awards di Parigi che si sarebbero dovuti tenere a novembre. Le ragioni sono prevalentemente di sicurezza e legate all’ipotesi di attacchi terroristici in Europa. Gli organizzatori hanno detto «abbiamo deciso di non andare avanti con gli MTV EMA del 2023, per estrema cautela nei confronti delle migliaia di dipendenti, membri dello staff, artisti, fan e partner che viaggiano da tutti gli angoli del mondo per raggiungere lo spettacolo».
Facciamo il punto
La settimana scorsa su Occhiaie abbiamo tentato di fare ordine e di fornire qualche link utile su ciò che sta accadendo a partire dal pomeriggio di sabato 7 ottobre in Palestina, da quando Hamas ha lanciato un attacco senza precedenti via mare, via terra e via aria contro Israele. Anche questa settimana cerchiamo di riepilogare gli eventi recenti, per orientarci nel ballo in maschera di notizie e contro-notizie che circolano in questi giorni.
Dall'inizio di questa settimana, la questione che ha dominato i titoli è stata l'esplosione all'ospedale Al Ahli a Gaza. Esaminiamo la questione in dettaglio. Iniziamo.
Cosa è successo
Martedì 17 ottobre si è verificata un'esplosione presso l'Ospedale Al Ahli, a Gaza. L’ospedale era stato fondato nel 1882 e si trovava in un campus all'interno di Gaza City. La gestione dell'ospedale era affidata alla diocesi episcopale di Gerusalemme tramite l'organizzazione non governativa American Friends of the Episcopal Diocese of Jerusalem (AFEDJ), fondata nel 1998 e attiva in Palestina, Israele, Giordania e Libano.
Le reazioni sono state contrastanti, con entrambe le parti che hanno negato la responsabilità dell'incidente: Hamas ha accusato Israele di aver colpito l'ospedale in un bombardamento, mentre le autorità Israeliane hanno attribuito la responsabilità dell'esplosione al Jihad Islamico, un gruppo radicale operante nella Striscia di Gaza, sostenendo che l'esplosione potrebbe essere stata causata da un razzo lanciato dalla Striscia - esploso in volo prima di finire sull’ospedale. Per sapere qualcosa in più sul secondo gruppo armato più grande nella Striscia di Gaza dopo Hamas consiglio questo articolo de Il Post qui.
Attualmente non è possibile stabilire con certezza chi sia responsabile della tragedia. Infatti, a causa della situazione critica, è estremamente complesso monitorare la situazione sul campo, data soprattutto la presenza limitata di fonti indipendenti.
Dopo l’esplosione
Il canonico Richard Sewell, decano del St. George's College di Gerusalemme, ha dichiarato alla BBC che circa 1.000 sfollati si stavano rifugiando nel cortile quando è stato colpito, mentre circa 600 tra pazienti e personale sanitario erano all'interno dell'edificio. Sempre la BBC ha affermato che secondo alcune immagini pubblicate online, l'ospedale era già stato colpito in precedenza: un post su Facebook del 14 ottobre mostra alcuni danni subiti in una zona dell’ospedale che si ritiene essere il Centro di diagnostica per il trattamento del cancro. La BBC è attualmente in attesa di una conferma da parte delle IDF.
Un video circolato sui social media, il cui contenuto è stato confermato da diverse fonti giornalistiche internazionali - tra cui il New York Times, il Washington Post e la rete televisiva Al Jazeera - mostra il momento dell'esplosione. Tuttavia, comprendere cosa l’abbia causata a partire da questa fonte è ancora molto difficile.
La questione è al momento in mano al team di BBC Verify, che verificherà il documento attraverso immagini fisse e altre prove, tra cui i racconti dei testimoni oculari. BBC Verify è un team di circa 60 giornalisti investigativi, nato dopo gli eventi del maggio di quest'anno, quando è emerso un filmato che mostrava quelli che sembravano essere due droni che si schiantavano contro la cupola del complesso del Cremlino a Mosca. Vi ricordate? Ne avevamo parlato qui.
Come sottolineato da BBC Verify, nuove informazioni emergono continuamente e verranno postate in questa pagina, dove è anche possibile trovare nel dettaglio alcuni elementi tecnici riguardo i video che stanno circolando.
La reazione internazionale
In seguito all’attacco all’ospedale, in molte città sono state organizzate proteste: da Beirut, a Ramallah, Nablus e Istanbul. Ma non solo, anche molte piazze europee: a Francoforte, Dusseldorf, Barcellona e Londra, fino a Parigi, Milano, Roma e altre piazze italiane.
Numerose nazioni arabe hanno condannato l'attacco, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, che hanno anche riferito la presenza - secondo loro fonti - di centinaia di vittime. Anche in Bahrein, dove i legami con Israele sono stati normalizzati nel 2020, ci sono state manifestazioni contro l'ambasciata israeliana. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato un periodo di tre giorni di lutto nazionale in risposta al bombardamento dell'ospedale. L'Arabia Saudita ha definito l'esplosione un "crimine odioso commesso dalle forze di occupazione israeliane", e, allo stesso modo, anche il Qatar, il Marocco e l'Egitto hanno condannato l'attacco.
Anche Giorgia Meloni ha espresso profondo cordoglio per l'attacco all'ospedale, affermando che, in attesa di conferme definitive sulla dinamica degli eventi, l'impegno dell'Italia rimane quello di “proteggere i civili, affrontare le sfide umanitarie urgenti e trovare una rapida soluzione per questa crisi”.
Reazioni anche dall’America Latina: il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha condannato gli attacchi terroristici in Israele e ha chiesto una soluzione pacifica al conflitto, sottolineando l'importanza di un futuro Stato palestinese sostenibile che coesista con Israele. Le azioni di Lula sono molto importanti: il Brasile occupa attualmente la presidenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Infatti, mercoledì il Brasile ha proposto e seguito una risoluzione delle Nazioni Unite che condannava tutte le violenze contro i civili nella guerra tra Israele e Hamas e sollecitava l’invio di aiuti umanitari ai palestinesi di Gaza.
La risoluzione ha ricevuto un ampio sostegno, tuttavia è stata oggetto di veto da parte degli Stati Uniti: l'ambasciatrice statunitense all’ONU, Linda Thomas-Greenfield, ha detto che è prematuro creare una risposta del Consiglio di Sicurezza e ha sottolineato la necessità di consentire agli sforzi diplomatici in corso, compresi quelli del presidente Joe Biden - al momento sul campo - di progredire e raccogliere maggiori informazioni sulla situazione. La votazione si è conclusa con 12 voti a favore e l'astensione di Russia e Gran Bretagna.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha richiesto un'indagine approfondita sull'incidente, mentre la Russia ha condannato l'attacco, invitando Israele a dimostrarne la sua estraneità. Josep Borrell, l'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la Politica Estera, ha comunicato ai media a Strasburgo che al momento non esistono conferme sull'identità del responsabile del bombardamento. Borrell ha sottolineato che non è possibile attribuire l'attacco a nessuna parte finché non verrà raggiunta una comprensione completa degli eventi.
L'esplosione all'ospedale è avvenuta nel contesto dell'arrivo in Israele del presidente statunitense Joe Biden, che, al contrario di Borell, ha dichiarato che in base alle informazioni attualmente disponibili, Israele non è responsabile dell'evento.
La visita di Joe Biden
Come ben descritto dal giornalista francese Pierre Haski in questo articolo, tradotto da Internazionale, gli obiettivi della visita di Biden sono stati radicalmente influenzati dagli eventi che si sono verificati all'ospedale Al Ahli di Gaza, portando il Presidente a trovarsi coinvolto in una controversia sull'origine del missile.
La visita di Biden aveva l'obiettivo di mostrare solidarietà a Israele e di cercare un accordo con i leader arabi - tentativo che si è rivelato fallimentare: la Giordania ha cancellato un incontro in cui il re Abdullah II avrebbe dovuto dialogare con Biden, il presidente palestinese Mahmud Abbas e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Inoltre, Biden puntava anche a esercitare pressione su Netanyahu affinché moderasse la risposta militare, nella speranza di alleviare la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. L’incontro con al Sisi avrebbe dovuto concentrarsi sulla possibile apertura del passaggio di Rafah - di cui vi abbiamo parlato settimana scorsa -, così da consentire il transito di aiuti umanitari e persone.
Venerdì Biden ha poi fatto un discorso dallo Studio Ovale, in cui ha annunciato nuovi finanziamenti per sostenere gli sforzi di guerra dell'Ucraina contro la Russia e Israele contro Hamas. Ha sottolineato che il sostegno economico e militare a entrambi i paesi è nell'interesse degli Stati Uniti e contribuisce alla stabilità globale.
Il Presidente americano ha poi ribadito il sostegno agli sforzi per il diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e alla dignità, sottolineando la necessità di una soluzione a due Stati. Il video qui.
Aiuti umanitari
Ora gli occhi sono puntati a sud, sul valico di Rafah, tra l'Egitto e la striscia di Gaza, dove dovrebbe iniziare il passaggio degli aiuti umanitari verso Gaza. Come riportato dal giornale francese Le Monde, l'Egitto ha annunciato giovedì l’apertura del valico, per permettere il passaggio dei camion di aiuti: Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il presidente americano Joe Biden hanno concordato la consegna sostenibile degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza attraverso il terminal di Rafah, ha dichiarato il portavoce presidenziale Ahmed Fahmy in un comunicato.
Tuttavia, una data non è ancora stata specificata e, secondo gli osservatori, il transito potrebbe ritardare ancora. Se gli aiuti saranno effettivamente sufficienti, qui un articolo de Il Post che affronta la questione, e qui una traduzione di Internazionale di un articolo di AFP che racconta di come molti degli aiuti si trovino ancora bloccati al confine.
Dal 7 Ottobre Hamas riporta che i bombardamenti israeliani hanno causato 3.785 vittime nella Striscia di Gaza, tra cui 1.524 bambini. Questi attacchi hanno portato a gravi danni ai quartieri e alle infrastrutture, con carenza di acqua, cibo ed elettricità a causa dell'assedio israeliano dichiarato il 9 ottobre. Più di un milione di persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni. Le autorità israeliane, invece, affermano che più di 1.400 persone, principalmente civili, sono state uccise nell'attacco di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre.
Ancora una volta, vi lasciamo qui qualche fonte utile per informarvi nei prossimi giorni.
Il Post, come sempre, fa un impeccabile lavoro storico e lessicale per raccontare le cose. La redazione aggiorna un live-blog in prima pagina sul sito in cui vengono postati aggiornamenti minuto per minuto. Vi segnaliamo anche Globo, il podcast gratuito dedicato agli esteri de Il Post, condotto da Eugenio Cau, con varie puntate su Israele e Palestina.
Motaz Azaiza è un giornalista palestinese. I suoi contenuti su Instagram sono particolarmente crudi e grafici, per cui attenzione. Ma se avete pelo sullo stomaco ho la sensazione che la verità sia lì.
Randa Ghazy, scrittrice, giornalista e responsabile regionale per i media area Medio Oriente, Nord Africa ed Europa orientale di Save the Children. Sta raccontando quanto sta accadendo sulla sua pagina Instagram. Potete seguirla qui.
Il Mondo è il podcast quotidiano gratuito di Internazionale. Giulia Zoli e Claudio Rossi Marcelli stanno raccontando molto bene gli eventi di questi giorni.
Valerio Nicolosi è un giornalista che si occupa di temi sociali, migrazioni e esteri. In questi giorni ha pubblicato dei reel in cui spiega la situazione con grande chiarezza, consigliando anche lui delle fonti affidabili.
Carolina Pedrazzi anche sta facendo un’ottima informazione. Lei in Palestina c’è stata spesso e conosce le cose di cui parla.
Cronache in diaspora è un podcast sulle vite della diaspora palestinese in Italia. Lo conduce Jamila Hassan.
Se capite l’inglese, vi consigliamo il lavoro di The Guardian e Associated Press.
Intervallo
Siccome si avvicinano le elezioni americane e la campagna elettorale - mi piace ricordarlo - è già qui con noi in questa stanza, vorrei farvi i nomi di due fotografi statunitensi. Il primo è Pete Souza, ci sono buone possibilità che lo conosciate già o che siate capitati davanti ad una sua fotografia. Durante la presidenza di Reagan e Obama è stato il fotografo ufficiale della Casa Bianca, per cui ha prodotto gli scatti più belli di quegli anni abbastanza rivoluzionari per la storia americana.
Tra le varie, ha scattato questa foto.
Si tratta della Situation Room della Casa Bianca, una stanza dove si riuniscono i funzionari e il Presidente durante riunioni particolarmente sensibili, in cui è il caso di stare tutti insieme e seguire dagli stessi dispositivi qualcosa di specifico. Questa foto è stata scattata il 1 maggio 2011 alle 4:05 del mattino: i presenti stavano seguendo la missione «Neptune Spear» che ha portato all’uccisione di Osama bin Laden. E’ una foto così importante e curiosa, che ha anche una sua pagina Wikipedia.
Il secondo fotografo che voglio consigliarvi è Doug Mills, che lavora per il New York Times. Scatta ancora dentro e fuori la Casa Bianca, seguendo i suoi presidenti dal 1983. Sembra essere stato il fotografo preferito di Donald Trump, che infatti ha ritratto molto spesso, ma il suo lavoro va parecchio indietro nel tempo. Qui c’è un articolo di Politico che racconta le sue fotografie più belle.
Per seguire Pete Souza cliccate sul suo nome, stessa cosa per Doug Mills. Può essere un buon momento iniziare a farlo ora: ci aspettano messi particolarmente intensi.
A cura di Benedetta Di Placido (@ben.detto)
Da Generazione
Questa settimana ci siamo occupatə prevalentemente della questione israelo-palestinese, ma non solo. Ecco quello che potresti esserti persə:
Un libro per denunciare: Patrick Zaki racconta la sua storia - di Ilaria Ferraresi
Siamo già in una guerra mondiale ma la combattiamo a pezzi: una mappa di link - di Matteo Fantozzi
L’Europa e la cocaina: un affare da 30 miliardi di euro - di Giuseppe Rotundo, Parliamo di Mafia
Biden, l’Impeachment e una scatola di birre - di Filippo Sconza
In ogni caso, Occhiaie torna domenica prossima alle 9:30.
Un grazie a chi ci legge e chi ci aiuta qui e lì.